Una casa per Yolanda

IMG_20140317_174234 (800x353)“Disegniamo una casa per Yolanda?” chiedo ai bambini del Doposcuola che hanno terminato i loro compiti.

“Facciamone tante di case” – mi rispondono.

Yolanda non è una bambina come tutte le altre. Il suo, è il nome di un tifone, quello che quattro mesi fa ha sconvolto le Filippine spazzando via 9 diocesi in soli due giorni. “Yolanda” per i filippini, la sua forza è nota ai più con l’appellativo cinese di Hai yan, “rondine di mare”, perché è arrivata, fugace come un uccello.

Ma nelle Filippine ci sono le montagne? È per la casa di Yolanda…

Sin da novembre la rete mondiale della Caritas si è attivata per fare fronte all’emergenza; al termine di questa prima fase (che si concluderà a fine marzo) saranno state aiutate circa 300mila persone. La forza di Yolanda non è in effetti solo quella che devasta ma anche quella che costruisce. Le parrocchie di Foligno, nella colletta nazionale dello scorso dicembre, hanno raccolto circa 9000 euro con cui si è provveduto, oltre che all’acquisto di cibo per gli sfollati, al materiale per una prima riparazione delle case: chiodi, assi di legno, teloni di plastica, insieme a pentole, secchi di plastica, posate, asciugamani, lenzuola. Nelle ultime settimane di gennaio la rete Caritas ha poi iniziato a distribuire anche reti e barche per quei pescatori che le avevano perse a causa di Yolanda o – per chi lo preferisce – a causa di Haiyan.

“Abbiamo finito i disegni”.

Chissà, magari i bambini delle Filippine avranno davvero delle case così un giorno, anche grazie all’aiuto di Foligno. Con mia sorpresa, tutti i bambini hanno disegnato tante rondini sopra le case. Senza saperlo hanno disegnato Haiyan. Ma questa volta non sono “rondini di mare” che devastano, ma rondini portatrici di speranza.

Chi volesse offrire un tetto per Yolanda prima che si concluda questo primo ciclo di aiuti può ancora rivolgersi alla Caritas diocesana telefonando allo 0742357337 o scrivendo a progetti@caritasdiocesanafoligno.it.

Conti “in sospeso”

183157289-41958f72-a22a-4a7f-ad68-2b41ef83f750Come è fatta la Carità? Oggi siamo a Napoli. Un uomo si avvicina al bancone del bar: “Un caffè e tre in sospeso” – chiede. L’avventore paga i quattro espresso, sorseggia il suo e se ne va. Entra altra gente: “Un caffè e cinque in sospeso”. Stessa scena.

“Lo avete un caffè in sospeso?” – chiede timidamente un nuovo cliente dall’aspetto trasandato. Il barista annuisce sorridendo e prepara il caffè senza farlo pagare.

Forse non tutti lo sanno, ma quello di cui parliamo succede davvero: è l’antico gesto partenopeo di lasciare caffè pagati al bar per chi non conduce una vita economicamente serena. Una tradizione che trae nuova linfa dall’attuale periodo di crisi. E non solo per i caffè. Anche alla Caritas diocesana di Foligno si possono fare infatti pagamenti “in sospeso”, per un bisognoso in arrivo o già pronto sull’uscio. Il meccanismo è semplice e si può fare una sola volta come  tante, con piccole cifre come con quote più importanti: con il progetto “Adotta una Famiglia” – ormai attivo dal 2011 – ognuno sceglie “quanti caffè donare”.

Oltre alla modalità per così dire standard del progetto, da quest’anno è inoltre possibile prodigarsi con le adozioni internazionali. Grazie ai gemellaggi recentemente inaugurati con le diocesi di Atene e Tinos, si possono infatti adottare quelle famiglie greche che faticano ad uscire dalla grave crisi che sta interessando il paese. Anche in questo caso si possono versare cifre da caffè o ci si può impegnare solo una tantum.

Così il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu lo scorso 8 marzo in visita a Foligno nell’incontro con le Caritas umbre: “Ricordiamo che solo per una manciata di minuti non è il Buon Samaritano a dover essere soccorso. L’uomo che scendeva verso Gerico, poi pestato dai briganti, solo per poco è passato prima di tutti”.

Chiunque desideri lasciare dei “conti in sospeso” presso la Caritas diocesana adottando una famiglia greca o della diocesi può farlo scrivendo a progetti@caritasdiocesanafoligno.it o chiamando lo 0742 357337.

 (dalla Gazzetta di Foligno del 16/03/2014, a cura della Caritas Diocesana di Foligno)

 

Disegnare la Carità

IMG_20140303_182758(dalla Gazzetta di Foligno del 9/03/2014 a cura della Caritas diocesana Foligno)
 

“Come è fatta la Carità?” – chiedo ai bambini che affollano il Doposcuola porgendo un foglio di carta e i colori. Ci pensano su, insospettiti dalla domanda un po’ inconsueta. Che strani questi grandi. Inizia la gara al disegno.

A pensarci bene, però, il problema è reale: “la Carità è paziente, è benigna, non si adira, non si gonfia, non cerca il proprio interesse”, ma quali siano le sue vesti di tutti i giorni San Paolo proprio non ce lo dice.

Una bambina mi mostra orgogliosa il suo disegno, che guardo con tenerezza. Mi viene un ricordo, quello di Giovanni Paolo II che in occasione del Giubileo esortava all’esercizio di una “fantasia della Carità”. Il disegno mi aiuta: questo esercizio è proprio quanto ci chiede la Chiesa anche per questa Quaresima. Che ciascuno disegni, nel proprio quotidiano, come è fatta la Carità. Ciascuno tracci il suo progetto, con i suoi colori.

Ai grandi che lamenteranno la mancanza di fantasia ecco pronti due fogli di lavoro. Il primo è quello offerto da Papa Francesco con la campagna “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”. “Smettere di pensare” – ci dice il Papa – “che le nostre azioni quotidiane non hanno un impatto sulle vite di chi soffre la fame” è nostro dovere. Sciogliendo la domanda iniziale, la Carità assume qui le vesti di chi cercherà di ridurre gli sprechi di cibo in famiglia e di educarsi ad un consumo consapevole.

Il secondo foglio di lavoro è quello offerto invece dal sussidio quaresimale della nostra Diocesi: per ogni settimana un’opportunità per disegnare la Carità insieme alla Caritas. Ecco allora i cinque colori quaresimali: regalare un’ora al volontariato; adottare una famiglia del territorio; regalare un’ora ad un anziano; aiutare le famiglie in crisi a fare la spesa sostenendo l’Emporio della Solidarietà; guardare ai poveri con il salvadanaio della Carità; regalare un rametto di ulivo benedetto a chi è lontano. Ognuno aggiunga le sue sfumature – San Paolo certamente concorde. Buon disegno a tutti.

“Si è fatto povero per arricchirci con la Sua povertà”: Il messaggio quaresimale del Papa

Udienza generale di Papa FrancescoCari fratelli e sorelle,

in occasione della Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché possano servire al cammino personale e comunitario di conversione. Prendo lo spunto dall’espressione di san Paolo: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor8,9). L’Apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto per incoraggiarli ad essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si trovano nel bisogno. Che cosa dicono a noi, cristiani di oggi, queste parole di san Paolo? Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?

 

La grazia di Cristo
Anzitutto ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi…». Cristo, il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a noi, si è fatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per rendersi in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15).[…] Ma la ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).
Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «…perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo! Quando Gesù scende nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. E’ questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria. Ci colpisce che l’Apostolo dica che siamo stati liberati non per mezzo della ricchezza di Cristo, ma per mezzo della sua povertà. Eppure san Paolo conosce bene le «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef3,8), «erede di tutte le cose» (Eb 1,2).
Che cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada (cfrLc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero. Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo “giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua “ricca povertà” e “povera ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).
È stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi (L. Bloy); potremmo anche dire che vi è una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo.

 

La nostra testimonianza
Potremmo pensare che questa “via” della povertà sia stata quella di Gesù, mentre noi, che veniamo dopo di Lui, possiamo salvare il mondo con adeguati mezzi umani. Non è così. In ogni epoca e in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.
Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni e guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità. Nei poveri e negli ultimi noi vediamo il volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria. Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.
Non meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In questi casi la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente. Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera.
Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana.
Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole.

Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.
Dal Vaticano, 26 dicembre 2013
Festa di Santo Stefano, diacono e primo martire

Una sola famiglia umana, cibo per tutti: Campagna Caritas contro la Fame nel mondo

banner_facebookFood4all«Una sola famiglia umana, cibo per tutti! Lo ricordiamo? Lo ripetiamo insieme? ‘Una sola famiglia umana, cibo per tutti’… Lo scandalo per i milioni di persone che soffrono la fame non deve paralizzarci, ma spingerci ad agire, tutti, singoli, famiglie, comunità, istituzioni, governi, per eliminare questa ingiustizia. Il Vangelo di Gesù ci mostra la strada: fidarsi della provvidenza del Padre e condividere il pane quotidiano senza sprecarlo. Incoraggio la Caritas a portare avanti questo impegno, e invito tutti ad unirsi a questa “onda” di solidarietà».
E’ questo un estratto dell’accorato appello di Papa Francesco (https://www.youtube.com/watch?v=V2G0JME_r6A) per il lancio della campagna “One human family, food for all”, nel dicembre scorso. La sua omologa italiana, presentata il 28 febbraio a Roma nell’ambito del primo seminario di approfondimento di Caritas Italiana, si snoda in tre filoni: cibo giusto per tutti, una finanza al servizio dell’uomo, relazioni di pace. Di seguito, alcune azioni pratiche per rispondere all’appello papale.

Adottare uno stile di vita sobrio e consapevole, riducendo lo spreco e scegliendo alternative solidali e sostenibili di consumo.

Scopri se nella tua zona esistono gruppi d’acquisto solidale o mercati di contadini, se hai uno spazio adeguato puoi proporre ai tuoi vicini la creazione di un orto urbano. Collabora con associazioni che propongono l’agricoltura contadina sostenibile nel tuo territorio e nei paesi del Sud.

 

Imparare a conoscere il sistema finanziario e scoprire le iniziative di finanza etica che possono aiutarci a risollevare la situazione economica partendo dal bene comune.

Scegli bene dove tenere il tuo conto corrente, chiedi informazioni su quali prodotti finanziari investe la tua banca, scopri se ce n’è qualcuna che adotta scelte etiche, che aiuta le imprese del territorio, che sostiene l’agricoltura contadina, e rifiuta strumenti speculativi.

 

Costruire una società di pace basata sull’educazione alla non violenza e alla cittadinanza globale, che trova il suo fondamento nel rispetto delle persone, dei diritti e nel dialogo tra culture differenti.

Scopri se nel tuo territorio ci sono associazioni che educano e gestiscono problemi sociali in modo nonviolento; che favoriscono lo scambio e l’interazione con immigrati e cooperano con i loro paesi di origine; che aiutano a creare comunità di dialogo e di condivisione, anche di beni alimentari, per il bene comune; che contestano la scelta militare a favore del servizio civile.

 

Per maggiori informazioni visita il sito  http://www.cibopertutti.it/