Pane per Kobane

Serata kurda per il gemellaggio con la città che ha sfidato l’Isis

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Se a Londra e nel resto d’Europa le donne curde si affaccendano per impastare lo yufta (il pane tradizionale) per raccogliere fondi per Kobane, a Foligno una vera e propria cena ha calcato le scene venerdì 7 con i piatti della nostra cucina. Protagonista indiscusso – anche qui – il pane: non solo la base della nostra alimentazione ma “un cibo che unisce” perché kutsal, “sacro”, per tutte le culture, da quella nostrana fino a quella mediorientale.

Cornice della serata del 7 novembre, il lancio del gemellaggio tra Foligno e Kobane, partenariato che verrà ufficialmente siglato con un protocollo d’intesa e una visita dell’amministrazione della città-simbolo della lotta contro l’Is nel prossimo gennaio. A discutere di questi ed altri temi, Soran Ahmad (Segretario generale dell’Istituto internazionale di cultura kurda basato a Roma), Jasm Mustafa (esperto di cultura curda) e il prof. Giovanni la Guardia (docente all’Università “L’Orientale” di Napoli). “Kobane e la questione kurda”, questo il titolo della tavola perché parlare di Kobane non è solo parlare di Kobane, ma significa richiamare agli occhi dell’opinione pubblica la causa del popolo curdo. Una nazione senza stato, divisa in quattro con la matita all’indomani della Prima Guerra Mondiale in dispregio dei proclami dei punti wilsoniani. Una causa, dunque – hanno argomentato i relatori – in cui abbiamo la nostra parte di responsabilità.

Perché non si assista inermi all’assedio di Kobane – alla stregua di una Turchia che per scongiurare la fobia di un Pkk trasversale ha sigillato i confini inibendo il flusso di aiuti  – qualcosa si può. E non solo nei proclami, perché per un popolo derubricato nel dimenticatoio, sapere che Foligno sta adottando uno dei suoi centri, accende una speranza.

Primo passo possibile, oltre alle iniziative di raccolta fondi per i profughi che verranno imbastite nei prossimi mesi, l’inserimento di alcuni giovani di Kobane nel nuovo progetto della Caritas di Foligno (“L’Arca del Mediterraneo”) che guarderà alla formazione, al volontariato e all’accoglienza. Una sfida di respiro internazionale che oltre a portare pregio al “Centro del Mondo” porterà concretamente “il mondo” nel suo centro, ospitando studenti dal Kosovo, dalla Grecia e da altri paesi che insieme ai folignati potranno crescere e confrontarsi anche con l’apporto del Centro Studi e di numerose università partner. “Fare una rete per diffondere il valore dell’essere umano” – ha commentato l’assessore Maura Franquillo – è del resto lo scopo di questa amicizia che sta germogliando con Kobane e lo spirito che dovrebbe animare tutte le iniziative che si pongono in essere.

E a chi tutto questo sembra troppo esotico, si ricordi che il primo a parlare di Kurdistan fu l’italianissimo Marco Polo, mentre la bandiera curda – caso vuole – gioca curiosamente con i colori del vessillo italiano. Solo un sole – simbolo di vittoria e di rinascita nella cultura curda – campeggia al centro, in antitesi al nero funebre della bandiera dello Stato Islamico. Lungi dal trovare giustificazione solo nel drappo, “la causa di Kobane” – ha sottolineato con grande carica il prof. La Guardia – “ci riguarda”. Non fosse per il ruolo che giochiamo oggi con i nostri interessi bellici; non fosse per il ruolo che l’Occidente ha giocato ieri nell’apprendere agli stati sorti sulle ceneri dell’Impero Ottomano a discriminare per guardare ai propri interessi. Perché si sa, se è vero che “Finché c’è guerra c’è speranza”, le figure di sordiana memoria non si arrestano ai film ma sono proprio quelle che – come ha ricordato il professore – orchestrano progetti come l’Is. E a chi arriccia il naso sentenziando che Kobane potrebbe non sopravvivere all’avvio del gemellaggio, si sottolinea che è proprio mentre si scrive che giunge la notizia che il Califfo dello Stato Islamico sarebbe stato ferito da un raid americano.

La Speranza, dunque, non ci abbandoni.

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C.to Caritas diocesana Foligno del 10/11/2014

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