“Ayeterede-anen”. In lingua tigrina significa “non capisco”. Forse, è stata questa la prima parola che hanno detto i nostri amici eritrei quando sono arrivati in Italia, prima a Lampedusa e poi a Foligno, ospiti da qualche giorno della Caritas diocesana. “Non capisco” devono averlo detto anche di fronte alla dittatura del Presidente Afewerki, prima di decidere di fuggire. Una situazione – quella dell’ex colonia italiana – al limite dell’incomprensibile: arruolamento militare obbligatorio e a tempo indeterminato sia per uomini che per donne, divieto di emigrazione fino ai 50 anni di età, proiettili su chi è sorpreso a fuggire dal paese. Un paese senza università e con poche speranze per il futuro.
È questo ciò che deve aver spinto i nostri giovani amici eritrei a mettersi in viaggio. In viaggio “in direzione ostinata e contraria” come cantava De André nella sua “Smisurata Preghiera”, un intensissimo inno agli ultimi e ai dimenticati.
Per non dimenticare questi nostri dieci amici, la Caritas diocesana fa appello alla cittadinanza affinché si possano giungere a coprire tutti i turni di assistenza, diurni e notturni.
Per quanti avranno a dire – di fronte a questo invito – “ayeterede-anen” prendiamo in prestito le parole che il cantautore genovese pronunciò in uno dei suoi concerti, proprio commentando “Smisurata preghiera”: «La preghiera è “smisurata” proprio perché “oltre misura” e forse proprio per questo rimarrà inascoltata. Ma noi ci proviamo lo stesso».
Ricordando i contatti della Caritas di Foligno (tel: 0742 357337; email: operesegno@caritasdiocesanafoligno.it) anche noi, pregando tutti smisuratamente, ci proviamo lo stesso.
Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un’anestesia
come un’abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità
per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità
ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un’anomalia
come una distrazione
come un dovere
(F. De André – “Smisurata Preghiera”)